Essere & Divenire
Non sempre quando entriamo in una casa "ristrutturata" immaginiamo com'era....prima di essere ristrutturata. Non sempre ci chiediamo perché proprio quella casa, perche' proprio quel luogo. La risposta potrebbe apparire convenzionale, ma la sola verità è che per quanto ci riguarda, è stata Thuilettaz a scegliere noi.
30 novembre 1995, Ricordi di una giornata lontana.
La
nebbia bassa nasconde le cime dei monti mentre piccoli nevischi
volteggiano nell'aria prima di dissolversi sulla terra umida. E' una di
quelle domeniche d'autunno che qui ad Etroubles riunisce le famiglie
intorno al focolare dopo il pranzo. C'è chi gioca a Belote e chi a
Ramino, chi legge e chi intaglia il legno, chi lavora a maglia e chi
racconta dei tempi passati. Nella cucina di Cina (Lorenzina), quando non è in Svizzera, c'è sempre gente. Ci sono le sue amiche e sua sorella Teresina che prendono il té con i dolci. Le
risate accompagnano il tintinnare delle tazzine. Cina non si ferma mai.
Prepara il bollitore, i piattini per la torta, le tazzine, il latte e
lo zucchero. Ogni tanto controlla la stufa a legna. Oggi tra le sue amiche ci siamo anche noi, siamo venute a trovarla per sentire ancora raccontare di Thuilettaz. Cina dice sempre che lì ha trascorso i più begli anni della sua vita, e mentre lo dice le luccicano gli occhi.
Il primo incontro con Thuillettaz era avvenuto in un giorno come questo, un giorno grigio di novembre, due anni prima.
Quel giorno eravamo venute a far visita a Emilia e Francis e nel pomeriggio avevamo accompagnato Emilia al Ronc di Saint-Rhémy-en-Bosses da sua cugina Angèle. Lungo la strada avevamo però incontrato Teresina e Cina che stavano andando a La Thuilettaz. Per non essere scortesi, invitate dalle due sorelle, eravamo così scese nel piccolo villaggio il cui aspetto a prima vista non ci pareva così interessante e men che meno avremmo immaginato che di li a poco proprio quel villaggio sarebbe diventato il nostro luogo ideale, la nostra casa.
Dalla strada comunale il Villaggio appariva abbandonato e spoglio. Si intravvedevano tre case, o perlomeno quello che ne restava. Solo una di esse appareva in buono stato, mentre le altre due erano praticamente distrutte.
Scendendo per il ripido sentiero in terra battuta passammo accanto al primo rudere che era ormai ridotto ad un mucchio di pietre. A fianco ve ne era un altro più grande ma con il tetto che pareva sprofondarle sopra da un momento all'altro.
Al fondo del sentiero c'era l'unica casa ancora praticamente intera ma che sembrava un vecchio Maien, che in Patois corrisponde ad un vecchio alpeggio, una stalla, utilizzato per ospitare le mucche durante l'estate.
Già sbuffavo per essermi infangata tutte le scarpe, quando alzando gli occhi mi accorsi che non si trattava affatto di un alpeggio. Mi colpì soprattutto l'altezza che non si percepiva affatto dalla strada a monte. La facciata era ampia, le finestre intatte, i balconi in legno perfetti. Davanti un grande cortile contornato da un muretto in pietra a secco. Tutto intorno solo i prati.
Cina tirò fuori dalla tasca della giacca a vento una vecchia chiave in ferro e si diresse verso l'unico portone presente al piano terra. Dopo qualche tentativo, un pò di strattoni e un paio di calci riuscì ad aprirlo, l'ingresso si illuminò della luce del giorno. La stanza era piccola, di forma quadrata, con i muri in pietra che sorreggevano una bellissima volta a vela di un materiale più chiaro. Si vedevano a sinistra una scala che saliva al piano superiore mentre di fronte e a destra due vecchie porte in legno chiuse. Adottanto sempre la stessa tecnica di apertura, Cina ci fece strada attraverso la porta a destra "Ecco, questa è la stalla!". Non avevo mai visto una cosa simile.
E se volete sapere il resto, venite a trovarci....la storia continua........